Lo studio partirà a breve e sarà coordinato dall’Ausl di Modena e UniMoRe. L’infusione dovrebbe bloccare l’infiammazione polmonare, ridurre la permanenza in terapia intensiva e i danni a lungo termine
Modena, 26 gennaio 2021 – Per curare il Covid sono stati utilizzati diversi farmaci e varie cure sono state sperimentate in questi mesi di pandemia, ma nessuna di queste ha finora dimostrato di essere determinante. Da oggi c’è un motivo in più per credere che questo maledetto virus potrà essere sconfitto. Dai laboratori del Policlinico di Modena, infatti, è iniziata una sperimentazione che prevede l’utilizzo di cellule staminali (video): “Un ulteriore tentativo, forse più potente di quelli finora tentati, per cercare di spegnere quell’infiammazione che è la causa di una sequenza di eventi che porta al crash del sistema respiratorio, al rischio delle complicazioni e purtroppo alla morte del paziente”. Lo spiega il direttore della Struttura complessa di malattie dell’apparato respiratorio dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Modena, Enrico Clini (video), che fa parte della cordata di aziende e ospedali chiamati ad applicare su una sessantina di pazienti quello che è emerso dagli studi. Tempo sei mesi per capire se questo tipo di cura avrà ottenuto i suoi risultati.
«Per la prima volta in Italia – dice Massimo Dominici (video), direttore della Struttura complessa di oncologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Modena – abbiamo avuto la forza di mettere assieme cinque strutture che producono cellule per sottoscrivere un unico protocollo clinico, con delle caratteristiche ben definite per quanto riguarda il paziente e con una unicità legata al fatto che potremo confrontare i tipi diversi di cellule all’interno della sperimentazione clinica controllata». Oltre al Policlinico di Modena – che è il coordinatore del progetto Rescat – sono coinvolti gli ospedali Meyer e Careggi di Firenze, il Policlinico Irccs Ca’ Granda di Milano con l’Ospedale Covid di Milano Fiera, l’ospedale San Gerardo di Monza con la Fondazione Centro di ricerca Tettamanti e con l’università Milano-Bicocca, l’azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona e l’azienda ospedaliera di Vicenza.